Quando si parla di analisi della redditività aziendale, tre indicatori tornano sempre utili: ROE, ROA e ROD. Pur essendo strettamente legati, ognuno offre uno sguardo diverso su come un’impresa genera utili in relazione alle risorse impiegate e al costo del capitale.
Partiamo dal ROE (Return on Equity), forse il più citato nei bilanci. Il ROE misura la redditività del capitale proprio, cioè quanto rende l’investimento dei soci nell’impresa. La formula base è semplice:
ROE = Utile Netto / Patrimonio Netto
Ad esempio, se un’azienda chiude l’anno con un utile netto di 500.000 euro e un patrimonio netto di 2 milioni di euro, il ROE sarà del 25%. Più il valore è alto, più significa che l’impresa riesce a far fruttare il capitale investito dai soci. Tuttavia, un ROE elevato potrebbe nascondere un eccessivo indebitamento, perché una leva finanziaria alta può far crescere artificialmente questo indicatore.
Qui entra in gioco il ROA (Return on Assets). Mentre il ROE guarda solo al capitale dei soci, il ROA valuta la redditività dell’intero attivo aziendale, quindi quanto bene l’azienda utilizza tutti i suoi asset, indipendentemente da come sono finanziati. La formula è:
ROA = Risultato Operativo / Totale Attivo
Di solito si usa il risultato operativo perché è al lordo di interessi e imposte, così da eliminare gli effetti della struttura finanziaria. Un ROA basso indica che le risorse non sono utilizzate in modo efficiente. Se confrontato con il ROE, fornisce un’idea chiara dell’effetto leva: se il ROE è molto più alto del ROA, vuol dire che l’azienda spinge forte sull’indebitamento.
Ed è qui che il ROD (Return on Debt) completa il quadro. Spesso trascurato, il ROD misura il costo medio del capitale di debito:
ROD = Oneri Finanziari / Totale Debiti
Più concretamente, indica quanto costa all’impresa finanziarsi con capitale di terzi. Se il ROA è superiore al ROD, significa che l’azienda riesce a far fruttare i capitali presi a prestito meglio di quanto li paga: la leva finanziaria funziona. Al contrario, se il ROD è vicino o superiore al ROA, allora l’indebitamento diventa rischioso perché erode la redditività complessiva.
Molti analisti confrontano questi tre indicatori per capire se l’impresa cresce in modo equilibrato. Un ROE alto accompagnato da un ROA debole e un ROD elevato può segnalare un uso eccessivo del debito, che a lungo andare potrebbe mettere in difficoltà la sostenibilità finanziaria.
Per questo motivo non basta mai guardare un solo indice. Un imprenditore o un investitore attento dovrebbe sempre calcolare ROE, ROA e ROD insieme, verificando come variano nel tempo e confrontandoli con la media del settore. In periodi di tassi d’interesse bassi, il ROD tende a essere contenuto e la leva finanziaria diventa allettante. Ma quando i tassi salgono, i nodi possono venire al pettine in fretta.
Un’ultima osservazione: ogni settore ha i suoi parametri di riferimento. Un’impresa industriale asset-heavy avrà di solito un ROA inferiore a una società di servizi, che lavora con pochi investimenti materiali. Allo stesso modo, imprese con margini più bassi devono monitorare con più attenzione il ROD, perché basta poco per erodere i profitti.
Conoscere queste tre misure e saperle leggere insieme aiuta non solo a valutare la solidità finanziaria, ma anche a prendere decisioni più consapevoli su investimenti, finanziamenti e strategie di crescita.
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